Tre tipi di spazio vengono in mente pensando a Bisceglie, tre luoghi fisici e mentali legati da un sottile filo e tre storie che collegano la vita di Bisceglie a quella del territorio.
Il primo, lo storico centro urbano, addensato a ridosso del porto, abitato colorato e denso, dal quale subito vien voglia di addentrarsi all’interno della cinta muraria aragonese, qui ancora ben conservata. E nel centro la bella e preziosa Cattedrale, ma anche il Castello di fondazione sveva, e i piccoli gioielli dell’arte romanica come San Giovanni in castro o Sant’Adoeno, punteggiano un edificato d’impianto medievale, fitto e di pregevole costruzione. Edificato antico dal quale è inevitabile sbucare sull’alberata piazza principale, rettangolare e davvero gigantesca, che fa da snodo alle vie della città nuova ed è attraversata dalla direttrice stradale verso Bari.
Il secondo spazio, la città balneare, il mare non di chi pesca ma di chi «va al mare». Un lungo nastro che parte a ridosso della città – ma già a una certa distanza dal porto – per finire, in direzione di Trani, contro il limite fisico di una spettacolare «lama». Fascia appunto votata al turismo balneare, ma che curiosamente dai biscegliesi viene ancora oggi chiamata «campagna». E di un mare-campagna in effetti si tratta: il litorale a nord-ovest, recentemente e coraggiosamente strutturato, è un lunghissimo snodarsi di muri bassi in pietra, nei quali dal lato del mare si annidano scale per accedere comodamente agli scogli o alle spiagge di ciotoli, ma che costituiscono anche recinzioni verso la fascia immediatamente a ridosso, che non è un paesaggio marittimo ma invero un paesaggio agricolo mescolato all’insediamento turistico: campagna coltivata e giardini, oleandri e cactus, prati all’inglese e porzioni di frutteto, oliveti e tende da camping, cardi e rampicanti fioriti.
Il terzo spazio, piegando decisamente verso l’interno e ritraendoci dal mare, è la campagna, che torna decisamente paesaggio rurale e abbandona qualunque aspetto turistico, l’abitato si dirada, e può iniziare la ricerca delle tracce preistoriche – l’insediamento umano in questa zona risale al paleolitico – tra le quali il famosissimo Dolmen, che ci appare ad un tratto fra gli ulivi, in mezzo a una fortissima luce e al frinire delle cicale se siamo in estate.
Queste tre atmosfere (alle quali se ne può aggiungere una quarta, più effimera ma non meno intrigante, quella notturna delle industrie del divertimento, che richiamano verso questo centro costiero fiumi di frequentatori di discoteche, bar e ritrovi «cool») sono alla fine Bisceglie. Che non è dunque una città compatta, ma va percepita spostandosi sul territorio, addentrandosi in una «carrara» (le vecchie strade della campagna coltivata a ridosso del mare) e sbucando sul litorale dalla luce accecante, per poi rinfrescarsi nella più buia città antica o sul porto, per poi passeggiare in piazza mescolandosi ai numerosi cittadini che ancora vi si raccolgono per chiacchierare o passeggiare, per poi prendere l’auto e addentrarsi nei luoghi magici della preistoria, fino a che campagna mare e storia si saldino in un’unica immagine di città.
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